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autore
brano
 
Cicerone
Contro Vatinio , 10
 
originale
 
[10] duo sunt tempora quibus nostrorum civium spectentur iudicia de nobis, unum honoris, alterum salutis. honos tali populi Romani voluntate paucis est delatus ac mihi, salus tanto studio civitatis nemini reddita. de te autem homines quid sentiant in honore experti sumus, in salute exspectamus. sed tamen ne me cum his principibus civitatis qui adsunt P. Sestio, sed ut tecum, cum homine uno non solum impudentissimo (sed etiam sordidissimo) atque infimo, conferam, de te ipso, homine et adrogantissimo et mihi inimicissimo, quaero, Vatini, utrum tandem putes huic civitati, huic rei publicae, huic urbi, his templis, aerario, curiae, viris his quos vides, horum bonis fortunis liberis, civibus ceteris, denique deorum immortalium delubris auspiciis religionibus melius fuisse et praestabilius me civem in hac civitate nasci an te? Cum mihi hoc responderis, aut ita impudenter ut manus a te homines vix abstinere possint, aut ita dolenter ut aliquando ista quae sunt inflata rumpantur, tum memoriter respondeto ad ea quae te de te ipso rogaro.
 
traduzione
 
10 E sono due le occasioni che mi permettono di capire cosa pensino di me i miei concittadini: quando in gioco ? una carica politica o l'incolumit? personale. Nel primo caso, infatti, a ben pochi il popolo romano ha voluto tributare onori con tanto entusiasmo come ha fatto con me; con nessuno, poi, ci si ? impegnati cos? a fondo per garantire il rientro in patria e il ripristino degli antichi privilegi. Quanto a te, invece, abbiamo gi? avuto modo di osservare il trattamento che ti ? stato riservato quando aspiravi a una carica: aspettiamo solo che in gioco ci sia la tua salvezza per vedere cosa far? la gente. Non ho, tuttavia, la bench? minima intenzione di paragonarmi ai cittadini pi? illustri presenti in tribunale per assistere Publio Sestio; piuttosto, voglio farlo con te, misurandomi con un uomo che nemmeno sa cosa sia la vergogna, perch? appartiene alla peggior feccia. Ed ? proprio all'arrogante Vatinio, mio acerrimo nemico, che voglio rivolgere una domanda: per questa nazione, per questo Stato, per questa citt?, per questi templi, per l'erario, per la curia, per tutti gli uomini che qui vedi e per le loro sostanze, per i loro figli, per il resto dei cittadini e infine per i santuari, gli auspici, le sacre cerimonie degli d?i immortali, cosa credi sia stato di maggior vantaggio: che la fortuna di nascere cittadino romano sia capitata a me o a te? Parla, coraggio, e quando ti sarai espresso con tanta insolenza da farti quasi mettere le mani addosso, o con gli occhi cos? pieni di lacrime che le tue belle parole ispirate esploderanno, tanto le hai gonfiate, rispondi allora - e sii preciso - alle domande che ti porr? sul tuo conto.
 

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